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Il nuovo percorso espositivo

 
    La nuova esposizione si sviluppa attorno ai due splendidi chiostri e comprende anche le celle della corsia settentrionale del Chiostro Maggiore, oggi recuperate come nuovi spazi espositivi. Al loro interno e lungo il portico trovano posto, oltre a importanti opere già note – quali il torso dello Stagnone, i famosi sarcofagi fenici della Cannita e la statua colossale di Zeus da Solunto accuratamente restaurata e restituita alla sua originaria configurazione – anche interi contesti, mai esposti prima, provenienti dagli scavi promossi nell’800 dalla Commissione di Antichità e Belle Arti.
    In particolare si segnalano le splendide oreficerie dalla necropoli di Tindari, città da cui provengono anche alcune importanti sculture di età romana, diverse epigrafi e una originale meridiana di marmo; il complesso di vasi, epigrafi e sculture da Centuripe, i materiali dalla necropoli di Randazzo, alcuni straordinari vasi figurati dalla necropoli di Agrigento e sculture architettoniche  e materiali votivi dai santuari agrigentini, oltre alla collezione del console inglese Robert Fagan che comprende anche un frammento del fregio orientale del Partenone.
    Sul lato occidentale del Chiostro Maggiore, una saletta racconta la storia della scrittura attraverso i reperti del Museo, tra cui la famosa Pietra di Palermo con la cronaca di circa 700 anni di vita egiziana e gli annali delle prime cinque dinastie (3100-2300 a.C.), un pezzo straordinario donato al Museo Nazionale di Palermo nel 1877 dall’Avvocato Ferdinando Gaudiano. Nella stessa sala trovano posto, per la prima volta esposti insieme, tre degli otto decreti entellini (più un falso) iscritti su tavolette di bronzo, sfuggiti alla dispersione nel mercato antiquario clandestino internazionale.  
    E’ dedicata a Selinunte l’intera ala orientale dell’edificio con le sue otto sale che ruotano intorno al Terzo cortile, di cui si sta completando la copertura a vetri e che ospiterà un nuovo spazio polivalente ed espositivo dove troveranno posto il complesso delle gronde leonine del tempio della Vittoria di Himera e la grande maschera gorgonica del tempio C di Selinunte.
    Una sala, in cui è collocato un plastico della grande colonia greca affacciata sul Mediterraneo, introduce alla storia e alla vita della città.  
Il percorso, quindi, si snoda focalizzando i temi più rilevanti e restituendo per la prima volta l’idea della grandiosità e della complessità della più occidentale delle città greche di Sicilia: i culti, l’architettura, la scultura, l’ideologia funeraria per concludersi con la vita della città dopo la distruzione del 409 a.C. da parte dei Cartaginesi guidati da Annibale. Moltissimi sono, in questo settore i reperti esposti per la prima volta.
    Si tratta, in particolare, di alcuni materiali votivi dal Santuario di Demetra Malophoros - tra cui una selezione delle deposizioni scavate negli anni sessanta nel campo di stele dedicato a Zeus Meilichios, oltre alle numerose offerte di oggetti metallici quali armi, ami da pesca o attrezzi agricoli in ferro - di numerosi e preziosi corredi rinvenuti tra l’ottocento e il novecento nelle diverse necropoli della città, delle terrecotte architettoniche policrome che decoravano i più antichi templi selinuntini, delle membrature appartenute allo straordinario tetto marmoreo del tempio A sull’acropoli, dei capitelli che ornavano i più importanti monumenti funerari e delle iscrizioni rinvenute negli stessi contesti cimiteriali.  
    Fulcro dell’esposizione rimane il grande refettorio dei Padri Filippini che ospita da oltre centocinquanta anni le famose metope dei Templi selinuntini, definito il più importante complesso scultoreo dell’arte greca d'Occidente,  adesso arricchito dalla contestuale esposizione di nuovi frammenti e di una consistente selezione di terrecotte architettoniche che conservano ancora la originaria, vivace policromia.

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